Ricordi 
Dedico questi miei ricordi, con affetto e nostalgia, a tutte quelle persone che ci hanno lasciato, alla mia mamma Claris, al mio babbo Finaù e a tutti gli altri che nominerò, sperando che nessuno si senta offeso per quello che dico di loro: nella mia intenzione c’è solo il voler far rivivere, simpaticamente, questi “personaggi” che, nella loro umile vita, hanno fatto “ la storia di Murci”, quella vera, genuina.  
Se qualcuno non gradisse che il proprio congiunto sia stato nominato in questo mio ricordare, mi scriva e provvederò a togliere ciò che lo riguarda e di questo mi scuso in anticipo.  
 
 
I nativi del paese ben si ricordano, con molta nostalgia e un pizzico di orgoglio quando ne parlano, cosa era Murci dal dopoguerra fino alla fine degli anni 70. 
Eno-gastronomia 
Non so ben dirvi quanti abitanti facesse in quel periodo, ma sicuramente molti. Per dare un'idea a coloro che risiedono a Murci da pochi anni o vi trascorrono solo alcuni periodi dell'anno ed hanno conosciuto il paese da poco, vi farò un elenco dei bar-trattorie che ho visto personalmente in attività contemporaneamente (benché fossi all'epoca molto piccolo). 
Partendo dalle case Belardi c'era la trattoria-alimentari di Erina detta la “Fregola”, una donnina piccola, sempre indaffarata, già anziana e il marito, Zelmiro Fregoli che andava a vendere generi alimentari nelle campagne con un vecchio ape 50 furgonato. 
Poco più avanti, alla Chiesa in giù, c'era Seriana “grande cuoca”: anch'essa faceva bar, trattoria e vendita di generi alimentari . 
Alle case Porciatti, sulla provinciale che va verso Scansano, c'era il Bar trattoria Morini, dove Annarita è riuscita a sopravvivere al fumo passivo. All'epoca non c'erano le normative antifumo di adesso. Mi ricordo nelle fredde sere d'inverno, quando vi erano decine di persone che bevevano e giocavano a carte e tutti rigorosamente fumavano in continuazione, ad un certo punto, entrando da fuori, non si riusciva più a distinguere le persone perché, come si dice a Murci, era tutto “accagliato” di fumo. Immaginate quella poveretta che dalla mattina presto fino a tarda notte stava lì a servire i clienti. 
Entrando in paese, procedendo verso il Casalone, subito dopo la fonte, all'incrocio con via Verdi, c'era “Laurina”, piccolissimo locale dove si vendeva vino e si poteva mangiare dell'ottimo baccalà o delle acciughe sotto pesto (quelle di una volta, nella cassetta di legno). Il marito Andrea detto “Drea”, faceva l'autotrasportatore con un vecchio “millecento” (quello con il cambio al volante) modificato uso Pick-Up. Trasportava di tutto, dai mobili al fieno, ai maiali, pecore, capre ecc. All'occorrenza montava dei cancelletti in ferro sopra le sponde del (chiamiamolo …..!!! Pick Up ) per il trasporto degli animali in modo che non saltassero durante il viaggio. Sapete, all'epoca c'era l'usanza di portare la “troia a verre” la “capra a becco”..eccetera eccetera!!! e pochissimi avevano il mezzo proprio per portare i loro animali a soddisfare le proprie “voglie amorose”. 
Entrando in via Verdi, verso piazza Barbana, aprì per un breve periodo un bellissimo Bar di Omera. Fu un peccato quando chiuse perchè era veramente un bel locale.Nella piazzetta di via del Casalone c'era il negozio di generi alimentari e vendita di giornali di Aurora. 
Entrando in piazza Barbana c'erano due locali; uno era il ritrovo dei giovani degli anni '60, il famoso “caffè da Pietro”, dove, però, la mattina non si poteva prendere il caffè perché lui fino a mezzogiorno non accendeva la macchina, mentre dopo pranzo potevi tranquillamente gustarti la bevanda. Entravi : "...Buongiorno Pietro...mi fai un caffè?" Lui con molta flemma si accingeva al rituale, metteva la tazzina fumante sul banco, ti metteva un cucchiaino di zucchero e lo girava. Iniziavi a gustare la profumata bevanda...!!! Scusa Pietro ...questo caffè è amaro!. Allora lui, in maniera un po' scorbutica, prendeva il cucchiaino e te lo girava ancora un po’. “Vai che ora è dolce!!!!” (bellissimi ricordi).  
A fianco di Pietro c'era Arturo che nei primissimi anni sessanta aveva una sala con biliardo e che, insieme a Drea, acquistò uno dei primi televisori. 
Le persone, entusiaste della....nuova tecnologia, partivano da casa con la sedia in mano per andare a godersi lo “ spettacolo” e potevano acquistare un bel gelato al cono da dieci o da venti lire. Successivamente, nello stesso locale, Arturo aprì un negozio di scarpe. 
A poca distanza c'è un grande garage, “lo stanzone di Maso” dove i giovani di quegli anni organizzavano grandi serate danzanti al “gracchiante “ suono del giradischi. Io purtroppo gli avvenimenti dei primi anni sessanta non posso ricordarli perchè ero troppo piccolo, ma ne ho sentito parlare molto da quelli più grandi di me ed è come se li avessi vissuti anch'io e spero di tramandare ai giovani questi ricordi che non devono andare perduti. 
Vicino c'era il secondo locale “L'appalto”, sali e tabacchi e soprattutto vino. Era un locale frequentato da persone più anziane, un bancone di marmo altissimo che, da bambini, non si arrivava a prendere le cose o a pagare, per cui Fernanda doveva scendere dalla pedana e venire davanti al banco per servirti. La sera gli anziani giocavano a carte sotto la potente illuminazione !??? …..della lampadina da “ dieci candele” e, per vedere quali carte avessero in mano, dovevano accendere un fiammifero!!!. 
Il marito Ezio, un uomo un tantino scorbutico, con un po’ di pancia a causa della quale gli avevano affibbiato un soprannome, (che passione avevano i murciaioli per i soprannomi: a tutti ne veniva dato uno!) aveva un piccolo camioncino, con il quale andava a prendere il latte nelle campagne. Era molto scrupoloso e preciso nella cura del suo mezzo e pretendeva che tutti coloro che conferivano il latte, ed erano decine e decine, lo aspettassero con un grosso sasso in mano ….!!!!, pronti ad inserirlo sotto alle ruote posteriori, quando si fermava, perché non si fidava del freno a mano. 
Pensate che tutti questi locali non erano in competizione tra loro, ma c'era di che campare per tutti: la gente la sera usciva, ed era tanta!! La bevanda preferita era il vino.. tanto, ..tanto vino, al massimo quando non ne potevano più passavano alla cosiddetta “miscelletta”, che era metà vino e metà la vecchia spuma “Sampieri”. Erano tutti grandi sommelier, non come quelli di oggi che sentono nel vino il profumo di rosa canina, di vaniglia, di tabacco, di frutti di bosco: loro sentivano nel vino il sapore dell'uva e concentrandosi sulle papille gustative riuscivano addirittura a sentire se quel vino avesse lo “spunto” oppure no!!! 
Altre attività  
Oltre a questi locali eno-gastronomici, vi erano numerose attività. 
Due macellerie : una in piazza è rimasta aperta fino a poco tempo fa, prima con Asia, poi con Hilde. Ancor prima, al poggetto, c’era il macello di Enrichetta, una donnina sola, un po’dura d’orecchio, molto ...molto simpatica. 
Negli ultimi anni di vita, un po' “rincoglionita” era diventata un vero spasso: una volta è venuta da mia madre, Claris (abitavamo lì sotto casa sua), nel mese di luglio, con un caldo infernale. Mia madre, vedendola tutta accaldata e infagottata, le fa : “ Enrichetta, ma che ha fatto?”- ed inizia immediatamente ad alleggerirla, notando che era riuscita a mettersi indosso ben sette maglioni!!!!. 
Nascosto in un vicoletto in fondo alla piazza , c'era la bottega del fabbro Ilmo, uomo molto calmo e riflessivo. Quando qualcuno andava a riparare qualche attrezzo agricolo, iniziava una “pantomima”....: -Io, figliolino, te lo saldo, ma non ti regge ….non ti regge. Poi quando faticosamente eri riuscito a metterlo all'opera, ti faceva delle saldature che non si sarebbero rotte mai più. 
In piazza c'era anche la ferramenta di Richelmo che aveva un po’ di tutto; se qualcuno aveva bisogno, insieme a viti e bulloni, poteva acquistare cerotti, siringhe, bende, disinfettanti ecc. 
Sempre in piazza, in mezzo ai due bar prima menzionati, c'era il negozio di stoffe di Eda. Se ti occorreva una stoffa o un filato particolare, dopo mezza giornata passata a rovistare nel grande ammasso disordinato di scatoloni ti diceva: - Se non hai fretta piano piano si trova, sì!!!!. 
Sempre in Piazza Barbana c'era la “ Banca Popolare Della Maremma” dove mio padre da piccolino mi aprì un librettino con i pochi spiccioli del mio salvadanaio, un maialino di plastica. Credo che sia finito nella lista dei libretti dormienti!! 
Sul fronte dell'edificio, si conosce ancora l'impronta delle lettere di travertino in rilievo del nome della banca . Poi è subentrata la “ banca popolare di Novara”. 
C'era anche l'ufficio postale, sempre in piazza, che fortunatamente è rimasto, però trasferito nei locali delle ex scuole elementari. 
La genesi: Caino e Abele  
Sempre all'inizio della piazza c'è il mitico forno di Noè (che non è il Noè biblico, anche se considerata l'età.....). Benchè siano un po' in là con gli anni, Noè e Adalgisa, resistono valorosamente nella panificazione, facendo il pane più buono di tutta la provincia, conducendo anche un negozio di alimentari. Famosa la schiaccia di Noè, che da quando conducono il forno da soli, è sempre giusta di sale. Una volta, invece, quando incontravi persone che uscivano dal forno mangiando una bella schiaccia calda, ogni tanto si sentiva mormorare: “stamani hanno litigato!!!!!”. 
Di tutto......di più 
Risalendo dalla piazza verso via Verdi avevamo un distributore di benzina; un altro si trovava alla Chiesa in giù. Sempre in via Verdi, all'incrocio con la strada del Casalone, vi era un negozio di giocattoli “da Landina” che per noi bambini era il paradiso. Dietro a Landina c'era la bottega di Adele, una vecchina secca col muso appuntito che vendeva le scarpe. Di fronte a Landina e di fianco alla bottega di Laurina, c'era il frantoio di Quinto che all'epoca lavorava ininterrottamente dalla fine di ottobre fino a Natale. Di fianco alla Chiesa, dov’è attualmente “L'asino vola”, il consorzio agrario, molto ben fornito, soddisfaceva pienamente le esigenze di tutta la popolazione. 
Più avanti, l'attrezzatissima officina di Boris, ancora in attività da quasi cinquant'anni, il quale, anni or sono, svolgeva anche l'attività di barbiere con tanto di poltrona girevole. Questa seconda attività, ormai sospesa da molto tempo, gli ha lasciato il soprannome di “barbiere”. Per questo capita spesso di sentir dire: “Oggi ho portato la macchina dal barbiere “pe’ fagli guardà freni”. Per noi è una cosa normalissima, ma provate a immaginare qualcuno che viene da fuori cosa potrebbe pensare. Ve lo dico io cosa penserebbe: “questo è un paese di matti!!!!!”. 
Di fronte all'officina di Boris, la scuola elementare e materna, affollatissima negli anni settanta-ottanta; allora, nelle belle giornate, quando le maestre facevano uscire i bambini nel cortile per la ricreazione , si sentivano le loro urla echeggiare per tutto il paese. 
Poco distante, di fianco all'officina di Boris, c'era un negozio di articoli di cancelleria per la scuola e alimentari, dove noi, da piccoli, con cinquanta lire, potevamo acquistare ben cento grammi di “mentine” di zucchero colorate. 
Pensate cari amici, quante attività e quanto fosse vitale il paese in quegli anni. 
Flora e fauna  
Murci non offre grandi cose dal punto di vista architettonico, sia perché è un paese relativamente recente, sia perché composto da una popolazione prevalentemente rurale e, all'infuori di quelle quattro o cinque case signorili, per il resto sono abitazioni abbastanza umili. Il paese è morfologicamente molto frastagliato, immerso tra campi, campetti, orticelli e pollai, dove tutte le notti, cinghiali, volpi, faine e “spinose” vengono regolarmente a fare visita a pochi metri dalle abitazioni, facendo imbufalire non poco i proprietari, che al mattino, se incontri qualcuno per strada, capita spesso di sentirsi dire: “O te, stanotte m'entrata la spinosa nell'orto, c'avevo ' pomodori grossi così, le zucche, i cetroli, ha tritato tutto, un c'è rimasto niente, c'avevo messo anche le marruche sotto la rete e tanto è passata lo stesso; o come saranno malidetti l'animalacci!!” Oppure: “l'ova n'te le do più sa! Stanotte c'entrata la faina me l'ha ammazzate tutte, sette galline e n'gallettino, c'è rimasta una, ora vo' su, ammazzo anche quella e ci fò ‘l brodo”. 
Le Piazze  
Una caratteristica di Murci, che forse pochi hanno notato, è che oltre alla bella piazza principale, è il paese delle tante piazzette. Quasi tutti i quartieri hanno la loro piccola piazza dove, nelle calde sere d'estate, gli abitanti si riunivano a “ prendere il fresco” prima di andare a dormire allietati dal canto dei grilli, della civetta, del “chiù” (assiolo). 
La seconda piazza principale del paese è quella del Casalone dove anni or sono veniva organizzata “ la festa dei cacciatori” nei giorni di mezz'agosto . 
Serate danzanti, stand gastronomici, piccolo luna-park e, a tarda notte, l'immancabile gioco della “Morra”, e per l'enfasi del gioco si urlava a squarciagola. Durante le pause del gioco …bevevano! E più bevevano e più urlavano. Credo che in quelle notti in paese nessuno riuscisse a dormire!!. Negli ultimi anni la piazza del Casalone ha ospitato alcuni spettacoli teatrali e due concerti di un gruppo tedesco “Quadro nuevo” in un'atmosfera veramente suggestiva. Ma la piazza principale del paese, la piazza Barbana, è stata, durante tutti gli anni settanta, teatro di manifestazioni canore a dir poco esagerate per il paese di Murci. Durante i festeggiamenti del Santo Patrono l'organizzazione pro loco di allora, contattando “Padre Ugolino” (frate francescano di Grosseto e padre spirituale di Celentano) riuscirono a portare a Murci cantanti del clan di Celentano. Poi si sono succeduti (non ricordo....purtroppo in quale ordine) Don Bachi, Gino Santercole, i New Trolls e Donatello, Edoardo Vianello e Wilma Goich, Mino Reitano e negli ultimi anni, il “trasformista” Alighiero Noschese. Un anno gli organizzatori contattarono personalmente Lucio Dalla e Giorgio Gaber, che erano entrambi disponibili a venire a cantare a Murci per la somma di (trecentomila lire) ma, dopo un consulto generale, decisero che il loro forse era …. un genere musicale “poco apprezzato dalla popolazione del paese”. Quindi decisero di chiamare ancora una volta un cantante del clan di Celentano, spendendo oltre cinquecentomila lire. (che...gaffe!!!!!). Pensate, che pochi anni dopo, assistetti a un concerto di Lucio Dalla a Grosseto in piazza Dante, che costò all'organizzazione ben cinquanta milioni!!!.  
I Personaggi  
Secondo me, che distingue un paese non sono le sue piazze, le case, le piante, gli orti, i pollai, le spinose e i grilli, ma l'unicità dei suoi abitanti, la genuinità, la spontaneità, l'eccentricità di alcuni personaggi, purtroppo ormai scomparsi. Mi domando: come possono fare delle persone, che possono apparire agli occhi di molti, umili, semplici, ignoranti, a produrre cultura? Semplice: se una rappresentazione teatrale è considerata uno spettacolo culturale, Murci in quegli anni poteva essere un teatro a cielo aperto,con i suoi attori quotidiani. Quanta nostalgia e quanto affetto, per questi personaggi, e chi li ha conosciuti ha impresse nella memoria le loro gesta come fotogrammi di una pellicola. Credo che dovremmo continuare a ricordare e in un certo senso far rivivere con la memoria questi amatissimi compaesani. 
Come spesso sentiamo dire in certe occasioni “un popolo che non ha memoria non ha futuro”. Però vorrei cercare di ricordare, non le cose tragiche e tristi del passato, che oramai sono passate e che pur con doloroso rispetto conserviamo indelebili nei nostri cuori ma, per dare uno slancio di ottimismo, vorrei qui ridare vita ad alcuni degli aneddoti più divertenti che hanno caratterizzato la vita del paese. 
Come non trattenere un sorriso ricordando i nomi di Don Tista, Vandro, il “poro” Michele, Pio, Milio, Silio, Memmo, Pietro conosciuto come “Pietro Pinzi” (il babbo di Memmo), Cencio, il “Bello”........  
 
 
 
Il sacro e il profano  
Don Tista, parroco per ben quaranta anni a Murci, non era in buoni rapporti con un certo Michele della “ Fonte del sarto” che ce l'aveva con lui sia per motivi ideologici sia per un fatto accaduto nel primo dopoguerra. Praticamente si odiavano; erano Peppone e Don Camillo murciaioli! Infatti quando si incontravano in paese, Michele esclamava irriverentemente a gran voce :”Ecco la bestia!!”. Un giorno durante il periodo delle benedizioni delle case, il Prete con il “somaro” andava per le campagne a benedire i poderi e verso sera al rientro, carico di forme di “cacio”, uova e galletti, si trova a passare nelle vicinanze del terreno di Michele; vuoi per il terreno scivoloso, vuoi per la stanchezza del povero asinello, dovuta alla pesantezza delle derrate alimentari accumulate sul groppone durante la giornata, nell'attraversare un “borretto” cadde rovinosamente sopra il Prelato che tentò inutilmente di sostenerlo rimanendo incastrato sotto di esso. Michele lavorava nel campo vicino con altre persone e, intuendo dai rumori cosa fosse successo, accorse a vedere: alla vista della straziante scena chiama subito gli altri : “correte....correte” e quando questi arrivarono, Michele con aria soddisfatta esclamò: “Guardate!! L'animale sopra la bestia in terra!!!”. 
Le cortesie, l'audaci imprese io canto” ( Ariosto)  
Vandro era un personaggio unico: credo che uno simile non sia mai esistito, solo su di lui potremmo scrivere un libro! Non si lavava mai perchè un grande professore di Firenze gli aveva detto: “Caro Betteri non tocchi l'acqua ….sarebbe la su morte”. Quindi, quelle poche volte che è dovuto andare in ospedale, gli infermieri lo portavano direttamente all'autolavaggio del Pennatini prima di poterlo ricoverare. Viveva più con le capre al “Bucarone”, che con la moglie, che bastonava sistematicamente, tutte le sere con un bel randello di “ crognolo”. Si era sposato già in tarda età con una certa Olema di Roccastrada, donna non molto sveglia, un po' per natura, un po' per le bastonate ricevute. Una volta fidanzati, era solito andarsene in giro a raccontare un aneddoto, un tantino azzardato e così iniziava: “Andai a Roccastrada (e aggiungerei io ...bellino ricutinato!!!!) e la gente diceva......o chi è quel bel giovane??....allora uno disse: è il fidanzato di Olema!...e tutti in coro: “bon per lei!!!!!” La verità non la diceva mai … neanche per sbaglio! Grande appassionato di capre, una volta, ormai vecchio, mi raccontò personalmente: “Lo sai topo, l'altro giorno andai a Vercelli in provincia di Livorno col treno (beh diciamo che la geografia non era il suo forte!), pe’ la strada vidi 'm branco di capre,...mi fermai (con il treno eh???) scesi, c'era un signore distinto a cavallo,..gli dissi: bonomo, le vole vende queste capre?....mi disse: piuttosto vendo la moglie.” Medico improvvisato, curava anche le distorsioni alle caviglie; a Murci si dice “contradiva le storte” La procedura era semplice: prendeva dalla tasca una madonnina tutta “sgualcita” e baciandola ripetutamente, pronunciando delle frasi incomprensibili, toglieva la sofferenza all'infortunato di turno (e sembra che a volte funzionasse!!!!!). Grande fumatore di pipa, diceva sempre: “ora ..si fa du lampi...!!!???” Infatti quando accendeva la pipa, mettendoci dentro del tabacco molto secco e pigiandolo poco, ne uscivano delle fiammate che gli passavano sopra la testa che lui chiamava “lampi”.Quando aveva i capelli un po’ lunghi veniva dal mio babbo a farseli tagliare. Finaù, però, che era un po’ schizzinoso, prima gli lavava per benino il capo col sapone da piatti (che sgrassava bene) e la sistola dell’acqua. Poi procedeva alla tosatura totale della chioma.  
         
I mezzi di trasporto  
Che dire di Milio, che andava tutti i giorni a “Quercegrossa”, la sua piccolissima azienda distante chilometri dal paese, con una vecchia somara.. povera bestia, così vecchia e malandata che reggeva “l'anima coi denti”. Praticamente era lui che trainava l'animale nelle salite più impervie.... Beh diciamo che era molto affezionato al....suo..emmhh... “fedele destriero” e se la portava con se solo per compagnia. Aveva il terrore delle automobili e quando ne incontrava qualcuna per strada, all'interno del paese, subito scattava da parte, mettendosi con le spalle appiccicate contro il muro delle case con le braccia spalancate quasi fosse crocifisso (...bellissimo). Aveva la fama di essere molto.... molto super dotato e, nonostante ciò, non aveva mai “ conosciuto” (nel senso biblico) alcuna “fortunata” donna. (eh....!!!! se lo sapevano!!!!!!!). 
L'insetto  
Capita a volte, lavorando in campagna in mezzo all'erba, di prendersi, come si suol dire, una zecca. In un bel giorno di primavera Milio tornando a casa, lamenta con il vicino (il simpaticissimo...Beppe di Picio) di essere stato aggredito dal fastidioso parassita, che gli si era conficcato sulla punta del “ bestione”. A quel punto, dopo aver chiamato anche gli altri vicini per un “consulto medico”, decidono che il parassita doveva essere unto con dell'olio d'oliva . Beppe di Picio allora disse: “ te n'tanto cavalo fòri che io vo a piglià na tazzina co l'olio che ce lo zuppi”. Quando Beppe uscì di casa con la tazzina in mano e vide ..emmmhh.....il “paziente” esclamò : “la tazzinaaa.....!!!!!!!?????..qui ci vole la paiolina del cemento pe’ zuppaccelo!!!!”. 
L'ingegno  
Beppe di Picio cacciatore al capanno di “ merli e ghiandaie”, come tutti....i murciaioli di una volta, aveva il vizio di farsi un “goccetto”ogni tanto. Arrivò in età avanzata che il dottore gli disse: “caro Beppe lei non deve bere più, le fa male lo sa?” La moglie naturalmente a casa lo controllava a vista perchè non toccasse alcolici e lui non sapendo come fare per aggirare l'ostacolo si inventò uno stratagemma. Vi ricordate quelle bottiglie piccoline di liquore che c'erano una volta? Quelle che avevano la forma della bottiglia del liquore, ma erano piccole..piccole? Ebbene.. Beppe se le faceva portare una discreta quantità da un “ complice”, ma solo quelle di forma rotonda, perché aveva scoperto che erano dello stesso “calibro” delle cartucce del fucile. Quindi le inseriva capovolte nella cartucciera, in modo che si vedesse solo il fondo della bottiglia ed a uno sguardo poco attento sembravano delle normali …cartucce. Poi chiamava la moglie che stava rifacendo il letto e gli diceva: “Eda?....io vo' n'pochino a l'ellero”(pianta con l'edera dove i merli vanno a mangiare le bacche) e lei: “ va'...va' che ti fa bene levatti n'pochino di casa....”. E partiva, “armato fino ai denti” (grande.....!!!!!!! Beppe!!.). 
La serenità  
Silio, colpito da una malattia, camminava tutto storto con un grosso bastone come sostegno. Un uomo che purtroppo dalla vita non aveva avuto niente; mai sposato, viveva con una sorella che lo accudiva. Mai viaggiato, mai un divertimento, eppure leggevi nei suoi occhi una gioia di vivere, una dolcezza, una serenità che difficilmente riscontriamo nelle persone, beh sì, diciamo “sane” di oggi. Il suo unico argomento, quando lo incontravi, era basato sulla meteorologia tipo: “anche oggi risoffia sa?” Oppure: “oggi ‘n piove c'è ‘l vento di sotto che la regge” O ancora: “ stamattina è ‘n po’ crudino!?” (freddino). (lo ricordo ...con tenerezza..!). 
Il piatto tipico  
Pietro “ pinzi”, personaggio molto eccentrico, una sera tornò a casa dicendo alla moglie: “mi hanno detto che i topi in tegame so' speciali”. La donna non dette molta importanza alle parole del marito.... L'indomani andando al podere dove questo genere di alimentari non mancava, Pietro mise numerose trappole. La cacciata fu abbondante e la sera, tornando a casa, già pregustava il sapore del ricco bottino. Si presentò alla moglie dicendo: “cocemi 'sti topi”. La consorte riluttante alla vista di quello schifo, si rifiutò, ma dovette cedere all'insistente autorità del marito e si mise diligentemente all'opera per preparare il “succulento piatto”. Quando furono ben rosolati con aglio, olio e prezzemolo, già pregustando con l'acquolina in bocca il prelibato manicaretto, Pietro si avvicinò ai fornelli. Annusò..... pensò un pò.....poi chiamò la moglie ( che nel frattempo era intenta “all'acquaio” a lavare con la varechina le stoviglie usate nella preparazione). Con sguardo sconsolato borbottò: “Marietta.........butta questi topi ...e (pensando ancora un momento.....)..e poi butta via anche il tegame”. 
L'informazione  
Verso la fine degli anni cinquanta quando ancora non c'era il televisore, la gente cercava, per quanto potesse, di tenersi informata attraverso la carta stampata. Gastone e Pippo erano due persone che amavano molto l'informazione. Gastone era una normalissima persona, che aveva avuto un minimo di istruzione quindi sapeva leggere benissimo, mentre Pippo, completamente analfabeta, aveva la presunzione di possedere un bagaglio culturale molto al di sopra della media. Una mattina andarono insieme ad acquistare il giornale, poi mettendosi comodamente seduti su di una panchina, Pippo inizia dicendo: “Te Gastone leggi che io ti spiego”. Gastone aprendo il giornale, trova subito una tragica notizia, ed inizia leggendo: “Ieri una nave mercantile carica di materiale ferroso è affondata al largo di Genova”. Subito Pippo lo interrompe per spiegare il significato della frase e gli dice con molta calma e ponderatezza: “ vedi Gastone, …....quella nave era nel mare!!”(meravigliosoooo!!!!!). 
L'agronomo  
Pio, uomo buonissimo, abbastanza colto, scapolo. Aveva frequentato le scuole, cosa che era piuttosto rara per quell'epoca; prediligeva le materie agrarie, tuttavia gli insegnamenti ricevuti erano rimaste solo astratte teorie. E fu proprio grazie ad i suoi studi che gli venne data la possibilità di entrare come fattore in una prestigiosa azienda. In primavera si presenta al padrone per dargli un consiglio tecnico sulle qualità delle colture in atto. Cammina...cammina, arrivano in prossimità di un campo di lupini in fioritura. Pio si ferma, osserva attentamente la coltura ed esclama: “ Complimenti signore, questo è un grano meraviglioso”. Beh, com'è facile intuire, la sua prima occupazione non ebbe esito favorevole. Possedeva anche un podere, dove però vi lavorava un “ contadino vero” e tra i vari animali che possedevano vi era anche una capra. Era consuetudine tenere almeno una capra che di solito partoriva nel mese di marzo, ed era una buona risorsa per le famiglie rurali, perché si potevano avere almeno due capretti da mangiare a Pasqua e per tutta l'estate del buon latte fresco per tutta la famiglia. Capitò un anno che la capra non rimase gravida e quando il contadino si accorse del fatto, chiamò Pio e gli disse: “ Caro..Pio quest'anno la capra non è andata a “becco” e il capretto per Pasqua non si mangia”. Pio a quel punto, serio ma con molta pacatezza risponde: “pazienza....pazienza vuol dire che quest'anno prenderemo più latte”. Era solito in primavera nutrirsi di erbette e spesso lo vedevamo “pascolare regolarmente” lungo i bordi delle strade “speluzzicando” qua e la puntine di rovi, vitabbie, germogli di ornello e fiori di biancospino. 
- Le donne, i cavalier, l'arme, gli “onori” ( amori) (Ariosto)  
Il nostro Memmo, che passava otto ore al giorno a mungere pecore e capre, anche lui scapolo, aveva una sfrenata passione per il gioco delle carte. La sera appena arrivava a casa mangiava un boccone in fretta e senza neanche lavarsi, andava immediatamente al Bar per fare la partita. Appena entrava nel locale, si sentiva subito un forte odore di maschio..(sì...il maschio della capra) per cui alcune persone che si trovavano all'interno che non amavano questo profumo così forte, erano costretti a uscire dal locale per poter respirare! Non essendo mai stato con una donna, una volta volle provare.. (pagando s'intende!!) Quando tornò raccontò: “a me un m'è sembrata ‘na gran cosa come dicono tanti”. In realtà in gioventù aveva fatto un tentativo, vedendo una donna sopra una pianta che coglieva le pere, si avvicinò e senza pronunziare parola l'afferrò per una caviglia cercando di farla scendere. Suo padre, che era lì vicino ed aveva visto la scena, a quel punto lo chiama e gli fa: “Memmino...emmhh.....anche i somari prima di montare ragliano!?.” Una volta all'interno del bar, mentre chiedeva al compagno di gioco: “giocami ‘na mezzana”(sarebbe una briscola di medio valore, tipo il gobbo o la donna) si sente parlare di Berlusconi che aveva molti soldi e lui, incuriosito dall'argomento, posa la sigaretta accesa sopra il pacchetto, che usava come posacenere, si volta e chiede: “ma quanti soldi c'ha 'sto Berlusconi?” Una persona sorridendo un po’ gli risponde: ”Eh...!!..caro Memmo tanti....tanti” Non soddisfatto della vaga risposta, voleva quantificare l'entità del patrimonio e chiede nuovamente : “Ma tanti quanti??” L'altro risponde ancora: “tanti ...tanti..tanti”. E Memmo: “Ma insomma ….fatemi capi'... potrebbe avelli come ‘l Niccolai?”(il Niccolai è il proprietario del mangimificio che gli forniva il mangime per le pecore). Inoltre era convinto che il patrimonio finanziario si misurasse in base alla lunghezza della macchina che uno possedeva. Quando lui aveva ancora una vecchia Fiat 850, il suo parente, Cesare, acquistò una nuovissima Fiat 132, che era molto più lunga della sua. Infastidito dall'oltraggio ricevuto, si recò immediatamente nella più vicina concessionaria che trovò aperta. Entrando (senza neanche dire buongiorno) disse: “voglio comprà ‘na macchina più lunga di quella di Cesare” (ovviamente il concessionario …. non conosceva Cesare) comunque gli appioppò ... una fiammante Ford Capri. Credo sia stato l'unico modello circolante in tutta la provincia, però effettivamente.. era qualche centimetro più lunga di quella di Cesare! O quella volta che urlava al compagno di gioco: “ammazzaciii!!” (che non vuol dire....uccidici tutti, ma gioca un carico dello stesso seme della carta in tavola) e l'altro : “non ce l'ho ….t'ho detto che non ce l'ho!!!!??” e lui: “daglielo di traverso!!!” (che significa, gioca un carico di un altro seme) mentre al televisore veniva trasmessa la notizia che l'aereo di Ustica forse era stato abbattuto da un missile. Mentre raccoglieva dal tavolo il grosso bottino di ben ventitre punti mangiando con il cinque di briscola due carichi e una figura, prendendo in mano la sigaretta accesa dal pacchetto sul tavolo ormai tutto sbruciacchiato, chiede ai presenti: “ma come fa ‘n missile a fa cascà n'aroplano?” Qualcuno gli rispose vagamente qualcosa, ma lui voleva saperne di più sulla potenza balistica del missile e insistè: “ma 'nsomma che c'è dentr'a 'sto missile??.....ci dev'esse 'n ferro qualcosa di duro pe' fa cascà st' aroplano!!??” (meravigliosi...ricordi!!!!). 
L'affumicato 
Come non ricordare con affetto il buon vecchio Vincenzo detto “Cèncio” che aveva una stanza in fondo alla piazza e si alzava di buonora per accendere il fuoco sul focolare, in modo che noi studenti, la mattina, alla fermata dell'autobus andassimo a scaldarci un poco nell'attesa. Mi ricordo perfettamente, dall' “uscio” della sua stanza ci chiamava con quella vocina ….emmhh …..(. simile a quella del vecchietto nei film di Sergio Leone): "Aiddemauro???”(Waldemaro), venite dentro che è freddooooo..." Noi andavamo passando in mezzo ai due oleandri che erano ai lati della porta, su uno dei quali teneva l'inseparabile “cimbello” (piccione usato come richiamo nella caccia). Entrando, tra le pelli di agnello attaccate al basso soffitto, sulle quali era impossibile non strofinarcisi, si notava subito …....emmmh....diciamo ….il malfunzionamento della canna fumaria. Appena entrati ….in quell'atmosfera densa!!!!. diceva subito: “chiudete l'uscio!!!”. Naturalmente a scuola portavamo con noi, sui vestiti, il profumo del nostro amato paese.(Che ricordi stupendi!!!!!!). 
Il meteorologo  
Agostino detto “il bello”, era un uomo molto mite, tenerissimo che viveva solo in una casa un po’ isolata, molto preciso e scrupoloso. Lo vedevamo in giro per il paese con dei vestiti indosso…...diciamo un po’ datati, ma sempre pulitissimi e stirati alla perfezione. Beh direte voi ...e fin qui cosa c'è di strano? La particolarità era di tipo “ canoro”. Quando vedevamo le massaie, nelle limpidissime giornate di sole, affrettarsi a stendere la biancheria, oppure i contadini correre per ultimare i lavori di semina o di raccolta... significava che aveva cantato “il Bello”. Si sentivano spesso frasi come: “ o madonnina ieri sera cantava l'Bello, eh ..l'ho bell'ecchè asciugati 'mi panni” (versione femminile) Oppure: “volevo sementà l'aglio e la cipolla domani …..o piglialo n'tasca l'ho bell'ecchè sementati !!!!” (versione maschile). Usciva nel suo praticello vicino casa, scrutava un po’ il limpidissimo cielo !!! e a volte iniziava a cantare a squarciagola, che potevano sentirlo in tutto il paese. Questo significava che l'indomani,o al massimo entro le successive trentasei ore, avrebbe sicuramente piovuto. E non sbagliava mai.......( da non credere!!!!!!!). 
Nostalgia  
Per tutto questo ho amato il mio paese, la mia gente, la mia grande famiglia e queste persone che ormai non ci sono più, da lassù sicuramente sorrideranno con me, che scherzosamente li ho presi un po’ in giro. Loro sanno leggere nell'anima mia e mi perdoneranno. I nostri vecchi avevano un timoroso rispetto quando parlavano di qualcuno che non c'era più e recitavano il rituale “ Io in loco di menzogna, lui in loco di verità”. Per noi che siamo rimasti a costo di enormi sacrifici e per quelli che sono dovuti dolorosamente andar via per motivi di lavoro, oserei citare la prima strofa (perchè il resto non me lo ricordo!!) di una poesia del nostro compianto poeta Alfredo Monari: 
“T ' amo o mio Murci, o mia bella dimora e non bramo la vita cittadina”.  
D'altronde non sentivamo il bisogno di partire per andare a vivere in posti .. beh...diciamo ..più civilizzati, dove però non avremmo trovato la genuinità, la sincerità, l'amicizia, la bontà, l'originalità della nostra gente, capace alla sera con una sola battuta ….. di farti dimenticare tutti i fastidi accumulati durante la giornata. Paradossalmente, secondo me, la mancanza di cultura ha creato cultura, perchè ci siamo arricchiti umanamente. Mettendo a nudo le nostre personalità, nel bene, nel male, abbiamo imparato a riflettere sui valori, abbiamo capito che, anche dalla persona più insignificante, più rozza, più ignorante, possiamo trarre qualche insegnamento. Perché, come diceva De Andrè in “Via del campo”, … “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.  
Naturalmente oggi il paese non è più così, i personaggi che ho citato non ci sono più, perché, come si dice qui a Murci, “ più che vecchi ‘n si diventa”.  
Murci adesso  
I giovani sono andati quasi tutti via e quei pochi che siamo rimasti ( ma..sì, mettiamoci con i giovani!!!) è perché lavoriamo in agricoltura e alcuni nell'edilizia.  
La gran parte della popolazione è composta da persone anziane, che vivono con una misera pensione, che hanno perso i loro affetti, le loro compagnie e che fortunatamente, nella vita, sono riuscite a mettere da parte qualche risparmio per permettersi una badante che li accudisca.  
Molte case sono vuote, soprattutto nel periodo invernale, mentre in estate, i parenti, i figli, i nipoti, tornano per trascorrere le vacanze nella casa di famiglia e almeno in quel periodo.....beh, diciamo che il paese si rianima un po'.  
Poi vi sono delle persone che abitano in grandi città ed hanno scoperto che “a Murci si sta proprio bene”, hanno quindi acquistato una casetta, l'hanno ristrutturata e non appena possono corrono al paesello.  
Ma certo...Murci è il paese dell'aria buona, della tranquillità, delle cose che in città non esistono, come quella di trovarsi davanti alla porta il vicino di casa che, tornando dall'orto, ti porge un paniere di insalata, pomodori e fagiolini e ti dice solo: “tiè falli 'na bella tegamata.... però ridammi ‘l paniere”; e magari : “ to' qui anche du coppie d'ova, lessali coll'insalata che so' boni”.  
( oltre a regalarti i viveri, ti danno anche il consiglio per cucinarli!!!.)  
Cosa volete di più????.  
Poi nei dintorni ci sono degli agriturismi molto accoglienti e in pieno centro del paese, il “coraggioso “ Toni, ha intrapreso l'attività di Bed & Brekfast, ristrutturando con molta cura ed arredando con originalità gli ex locali del consorzio agrario.  
Oltre a vendere prodotti tipici di ogni genere, Toni, quando può, organizza delle serate (cinema, musica, pizza....spesso e volentieri a sue spese!!!!), attirando molte persone in paese.  
Nel periodo dedicato ai festeggiamenti del santo Patrono, viene organizzata dai giovani della pro loco la sagra dello Strozzaprete e, oltre ad assaporare i piatti tipici “murciaioli”, i partecipanti possono beneficiare di serate danzanti gratuite nella piazza principale. Inoltre viene organizzato il famoso torneo di calcetto “memorial Walter Giovani e Monica Seggiani” che, nelle calde sere d'estate, diventa luogo di ritrovo per moltissimi giovani e non, che dopo essersi goduti lo spettacolo calcistico, possono fare uno spuntino e gustarsi un buon bicchiere di vino presso il fornito stand, al fresco dei secolari castagni.